Come dice il nome stesso la glassharmonica, è una armonica a bicchieri.
Credo che ciascuno di noi abbia provato almeno una volta a riempire calici di acqua e poi a sfregarne i bordi. Ecco quello è proprio il principio della glassharmonica.
Nel ’700 cominciò ad acquisire fama e nel 1761 Benjamin Franklin ne curò la ‘versione’ moderna ed ebbe l’idea di disporre i bicchieri concentricamente lungo un asse orizzontale. L’asse centrale viene mossa da un pedale e il musicista sfiora le calotte di vetro con le dita inumidite.
Il successo fu enorme, diversi nobili (tra cui citiamo Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI re di Francia) si appassionarono allo strumento. Svariati compositori scrissero brani appositamente per glassharmonica: Wolfgang Amadeus Mozart, George Frederic Handel, Ludwig van Beethoven, Richard Strauss, e più di altri 100 compositori ci hanno lasciato opere per questo strumento, anche se spesso poi tali opere venivano trascritte per strumenti più convenzionali (un esempio su tutti l’Adagio per glassharmonica di Mozart trascritto per organo).
Caduto in disuso, addirittura additato come nocivo (il suono particolare secondo alcuni psichiatri del passato avrebbe provocato turbe mentali, preoccupazione probabilmente priva di fondamento Invece è fondato il dubbio che nuocesse poiché nel vetro prodotto in passato era presente una notevole quantità di piombo che provoca una malattia detta saturnismo e i suonatori di certo tra lo sfregamento delle dita e il respirare quel po’ di polvere che lo strumento ruotando produceva di certo non ne traevano vantaggi in salute), oggi è in via di rivalutazione: alcuni musicisti appassionati stanno riscoprendo e riportando in auge il repertorio finito nel dimenticatoio, i costruttori adottano vetro a scarso contenuto di piombo e addirittura ne sono stati costruiti esemplari in quarzo.
(Credits: foto1 Ji-Elle; foto2 Glogger; video DaLucioSilla)
Chiara Pisati