Il flauto dolce ebbe la sua massima popolarità durante il XVI e XVII secolo, difatti la stampa permetteva una maggiore produzione e di conseguenza diffusione di spartiti, permettendo a un nutrito pubblico di dilettanti (il dilettante non è quello che intendiamo attualmente, ma era un musicista che studiava privatamente, arrivando anche a livelli impressionanti di conoscenza dello strumento, del repertorio e di notevole livello virtuosistico, tanto da poter reggere il confronto coi musicisti professionisti) di usufruirne. Per il dilettante il flauto dolce era uno strumento fra i più accessibili permettendo un repertorio sia colto sia popolare.
Un elenco di proprietà di Enrico VIII che alla sua morte, nel 1547, comprendeva ben 76 flauti dolci ci permette di capire quanto fosse apprezzato e diffuso. Lo strumento è citato anche nella letteratura di questo periodo, ad esempio in opere di Shakespeare, Samuel Pepys, John Milton.
La tecnica costruttiva prevedeva un flauto dolce con minore conicità e cameratura più ampia rispetto a strumenti posteriori: il suono era perciò più potente e pieno, ma richiedeva un maggior dispendio di fiato. Gli strumenti erano costruiti in legno di acero o di pero, o in altri legni con simili caratteristiche; flauti soprani e contralti erano a volte costruiti anche in legno di bosso o in avorio. Le taglie del flauto dolce in quest’epoca erano quindi assai numerose rispetto ad altri strumenti dello stesso periodo.
I trattatisti rinascimentali Virdung (1511), Agricola (1529) e Ganassi (1535) descrivono solo tre taglie di flauto:
soprano in sol (che oggi chiameremmo ‘contralto’ – anche se il contralto attuale è in fa)
tenore in do
basso in fa
Solo Gerolamo Cardano, nel suo trattato De musica (1541), descrive anche un flauto soprano in re.
Ma i più conosciuti sono i flauti descritti nel Syntagma musicum di Michael Praetorius, 1619, di cui alleghiamo l’immagine relativa. La scala di riferimento (a destra) mostra che lo strumento più lungo (Groß Bass) misurava circa due metri. Facciamo presente che tutti i flauti dolci, anche quelli “giganti” erano costruiti in unico pezzo, quindi non si potevano dividere.
Michael Praetorius, nel suo trattato, indica i seguenti strumenti:
Klein flöttlin (sopranino) in sol4
Discant (soprano) in re4
Discant (soprano) in do4
Alt (contralto) in sol3
Tenor (tenore) in do3
Bassett (basso) in fa2
Bass (basso) in sib1
Groß Bass (gran basso) in fa1
Alcuni gran bassi in fa1 erano dotati di un sistema di chiavi che ampliava l’estensione nel grave fino al do1. Strumenti di questo tipo sono descritti nel trattato di Mersenne (1636), ed è giunto fino a noi uno strumento rinascimentale lungo 260 cm, conservato al Museo Vleeshuis di Anversa.
Tuttavia pochi sono gli strumenti di epoca rinascimentale conservati, ma essi sono in numero sufficiente a darci informazioni più dettagliate sulle loro caratteristiche sonore e costruttive: notevole la famiglia, purtroppo incompleta, di strumenti conservata a Norimberga ancora in condizioni suonabili, altri tre strumenti di grossa taglia sono conservati al Kunsthistorisches Museum di Vienna, e tredici flauti nel Museo dell’Accademia Filarmonica di Verona. Importante sapere che una cinquantina di strumenti tuttora esistenti portano il marchio della famiglia italiana Bassano, costruttori di strumenti a fiato di grande notorietà in tutta Europa nel XVI secolo.
Trascrizione di brano vocale a 6 voci, che mette in risalto le taglie basse dei flauti dolci rinascimentali, si noti il Groß Bass.
Taglie miste nell’esecuzione di un repertorio tradizionale, variazioni su un tema.
Video inglese, ma ben illustrato sul Gross Bass.
(Credits: foto Pubblico Dominio; video 1 e 2 RoyalWindMusic, video 3 Caffienne1965)
Chiara Pisati